A corredo del post precedente, che spiega quali sono le responsabilità e le sanzioni per le aziende, pubblichiamo alcune massime di giurisprudenza relative ai reati previsti dal D.Lgs 231/01.
Con la sentenza del 21 gennaio 2016, nr. 2544, la Cassazione ha ribadito la responsabilità della società e dei suoi dirigenti per l’omessa adozione e l’efficace attuazione prima della commissione del fatto, di un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 31003 del 16.07.2015, ha ravvisato la responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 25 septies D.Lgs. 231/01 in caso di infortunio di un lavoratore in azienda.In caso di lesioni colpose ex art. 25 septies l’interesse e/o vantaggio, su cui si fonda la responsabilità 231, “vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale” rinviando alla nota sentenza delle Sezioni Unite del 24 aprile 2014, riguardante il caso ThyssenKrupp.
La Corte di Cassazione con la sentenza n.12653/2016 si è espressa riguardo alla responsabilità amministrativa degli enti prevista dal D.lgs. 231/01. per l’illecito amministrativo dipendente dal reato ex art. 316 bis c.p. commesso dall’Amministratore in relazione a dei finanziamenti concessi dalla Regione per la realizzazione di un’opera di interesse pubblico. I fondi ricevuti sono invece stati utilizzati dall’Amministratore per scopi diversi, ossia per l’acquisto di un compendio immobiliare. La Corte ha ritenuto esistente la responsabilità amministrativa sottolineando che “l’analisi compiuta dai Giudici di merito risulti pienamente rispondente al dato normativo, essendo stato posto in luce che l’azione illecita dell’organo apicale era stata funzionale all’interesse dei due enti, che erano stati in tal modo dotati di liquidità di cui avevano potuto disporre secondo la politica gestionale facente capo all’amministratore, e si era altresì risolta in un concreto vantaggio, soprattutto” per una delle aziende, “divenuta titolare di un cospicuo compendio immobiliare, di cui in precedenza era sprovvista”.
Cassazione Penale, Sezioni Unite, 15 novembre 2018 sentenza n. 51815 con cui è stato affermato che: «ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 600-ter comma 1 n. 1 c.p., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, non è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire dalla legge 6 febbraio 2006 n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale